Un
pomeriggio di novembre mi telefona un amico e mi dice che mi stava portando
un regalo che sicuramente avrei gradito. Era stato a Reggio Emilia
a visitare la grande mostra ornitologica che si organizza ogni anno e
aveva fatto acquisti.
Ed ecco questo buffo cardellino
senza calotta nera, però di un bel grigio al posto del marrone del cardellino
nostrano. Lo
alloggiai in un gabbioncino da 60 cm. E gli misi a disposizione vari semi
per farlo ambientare. Ma poverino, non era nato in gabbia, bensì era stato
catturato in Asia. Era terrorizzato. E ne aveva tutte le ragioni. Appena
mi avvicinavo tentava la fuga lanciandosi contro le sbarre. Ero
combattuto: se lo liberavo sarebbe stato in grado di raggiungere i suoi
territori? E al mio amico cosa gli avrei detto?
Avevo allevato a mano
tanti uccelli e sapevo come farmelo amico. Dopo un po’ scopro che era
ghiotto di girasole. Ogni volta che entravo nella stanza dell’allevamento,
il primo gesto era quello di riempirmi le mani di semi di girasole
e avvicinandomi lentamente a lui, (dopo che mi ero assicurato della
sua attenzione), ponevo nella linguetta alcuni semi e mi allontanavo,
ovviamente il tutto senza guardarlo in linea retta ma sottocchio, per
ridurre al minimo la sua preoccupazione.
Dopo
circa due mesi di questo trattamento passai alla seconda fase: il girasole
germogliato è ancora più buono di quello secco.
Prendevo
alcuni chicchi germogliati e, a uno la volta li sbucciavo e ne ponevo
uno o due nella linguetta, mi allontanavo, aspettavo che li mangiasse,
e ripetevo la stessa operazione un’altra volta. E questo due- tre
volte al giorno. Dopo circa altri due mesi per mia meraviglia e soddisfazione
incominciò a prendere timidamente il chicco di girasole dalle mie mani.
Si
fidava, incominciò a cantare splendidamente e in primavera mise su famiglia
con una cardellina nostrana nata l’anno prima nel mio allevamento. La
prima covata di 4 uova risultò infeconda nonostante Lui fosse premuroso
e imbeccava la compagna affettuosamente. Nella seconda covata nacquero
tre piccoli che entrambi allevarono amorosamente. E’ incantevole
vedere come l’himalaia si prodiga per la famiglia a differenza del
nostrano dove a volte il maschio è più irruente e rompe il nido per accoppiarsi
nuovamente.
Lasciai
la famigliola insieme in una voliera da 120 cm. durante la muta. Un giorno
accadde l’imprevedibile: mentre facevo le pulizie, dopo aver sfilato il
cassetto dalla voliera rimase sollevata la serrandina e Lui volò
fuori dal balcone aperto. Gli dissi addio e speriamo che te la cavi!
Invece
dopo circa mezz'ora mentre continuavo a pulire le gabbie, rientrò in casa
e si andò a posare sulla sua voliera:voleva rientrare nella gabbia; aprii
la porticina e tornò a “casa”.
Chi
ha detto che gli animali conoscono la parola “libertà”? Secondo me, conoscono
la parola “famiglia”.
Alimentazione:
In
mangiatoie separate a volontà: scagliola e perilla, (più sali minerali
e osso di seppia). Nella linguetta 4-5 chicchi di girasole piccolissimo
a giorni alterni. Saltuariamente pochi chicchi di canapa. Una linguetta
di pastoncino a testa al giorno non deve mancare mai. |